TOCCARE_the White Dance
coreografia Cristina Kristal Rizzo
interpreti Annamaria Ajmone, Jari Boldrini, Cristina Kristal Rizzo, Sara Sguotti, Kenji Paisley-Hortensia
musiche Les Pièces de clavecin di Jean-Philippe Rameau
adattamento, direzione musicale e clavicembalo Ruggero Laganà
flauto Antonella Bini
percussioni Elio Marchesini
light design e direzione tecnica Gianni Staropoli
tecnico luci Andrea Violato
cura e promozione Marco Burchini
costumi Boboutic ss20
produzione TIR Danza
coproduzione MilanOltre, Torinodanza Festival / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale nell’ambito del progetto “Corpo Links Cluster,” sostenuto dal Programma di Cooperazione PC INTERREG V-A Italia-Francia (ALCOTRA 2014-2020)
con il sostegno di Azienda Speciale Palaexpo – Mattatoio | Progetto PrendersiCura, Oriente Occidente Dance Festival, LFKs Collective – Campus Sup de Sub residenze presso Lavanderia a Vapore, Centro di Residenza del Piemonte e Membro della rete EDN European Dancehouse Network nell’ambito di Torinodanza 2020, CID – Centro Internazionale della Danza_Passo Nord, Corniolo Art Platform
creazione realizzata nell’ambito di Mi-To Settembre Musica
Toccare è uno stato dell’esistente, ha a che vedere con la vita delle forme e la possibilità che esse hanno di trovare una misura, di posare i corpi nello spazio con sobrietà. TOCCARE_the White Dance, nel suo pensiero coreografico intende mettere in atto un’esperienza estetica che riveli la potenza del toccare come gesto fondante il mondo, quello sensibile dei corpi ma anche quello della materia insensibile, la semplice intimità di un sentire radicalmente aperto. Questo primato del toccare è da intendersi nell’ambito di un pensiero per il quale il tratto saliente dell’esistenza è il suo essere singolare-plurale, riconoscere che siamo sempre già aperti all’altro dall’interno così come dall’esterno. Toccare l’altro significa toccare tutti i possibili altri, inclusa la propria persona, incluso l’insensibile nel sensibile, significa ripensare radicalmente la natura dell’essere e del tempo. Il toccare è dunque inteso come un approssimarsi al mondo di un soggetto che è infinita esposizione. L’esser qui fianco a fianco nella composizione dei corpi senza prevedere il ritorno presso di sé, commuovere l’estensione ed estendere l’emozione in una simultaneità che coincide con l’esistenza stessa. Corpi che toccano dunque e così facendo si fanno carne, ma è un tocco distaccato, è un gesto del toccare senza dominio, come incantato in una potenza espressiva che ingloba su di sé tutti gli sguardi di un intermezzo estatico.
Non esercitare tutto il potere di cui disponiamo, vuol dire attivare una presa che non possiede. Disinnescare la tirannia di un corpo colonizzato dal perenne profitto, vuol dire esercitarsi ad un movimento che è contagiosamente e gioiosamente vivo. La riattivazione di un corpo erotico dismesso dal narcisismo hyper sessualizzato che costruisce architetture d’isolamento è un problema politico ma è soprattutto una responsabilità comune e senza calcolo che condividiamo con tutti gli oggetti umani e non umani, è una dimensione estetica che ci mette in contatto con la pienezza del nulla che sta al cuore della materia e con le qualità sensuali di un mondo che non è più Mondo, per un’ecologia senza ritorno.
La creazione si sviluppa in sinergia con la riscrittura di Les Pièces de clavecin di Jean-Philippe Rameau a cura del compositore Ruggero Laganà, in una dimensione musicale materica e astratta, trasfigurata dal contesto iniziale, ma caratterizzata dalle qualità insite nel modello Settecentesco. Il Traité de l’harmonie réduite à ses principe naturels di Rameau del 1722, preannuncia una nuova concezione della musica come linguaggio espressivo non solo delle emozioni e sentimenti individuali, ma della divina e razionale unità del mondo.
La pièce è pensata per quattro corpi danzanti coinvolti in una danza senza soluzione di continuità, una composizione tattile in puro abbandono di se stessi, una ‘danza da camera’ che mette a nudo una tecnologia fatta di precisione analitica e contrappunto cinetico. Il numero quattro è manifestazione di ciò che è concreto, immutabile e permanente ed ha la sua espressione geometrica nel quadrato, che ben rende tutte le sue caratteristiche. È il numero della materia, del moto e dell’infinito, rappresentando sia il corporeo che l’incorporeo.
The White Dance, la coda del titolo, evoca sia il famoso The White Album dei Beatles che, reduci dalla trasferta in India e dall’esperienza della meditazione trascendentale, composero nel 1968 uno degli album più variegati del gruppo, di pura sperimentazione, sia il termine Ballet Blanc, usato per indicare una particolare sezione del balletto nel quale dominano creature diafane e immateriali, rappresentate nel costume da abiti bianchi.