Sull’irrequietezza del divenire
di Elisa Sbaragli
con il contributo di Fabio Brusadin, Edoardo Sansonne
coreografia e danza Elisa Sbaragli
sound designer/performer Edoardo Sansonne
tecnico/performer Fabio Brusadin
movement coach Rosita Mariani
costumi Chiara Corradini
cura e management Marco Burchini
produzione Perypezye Urbane ETS
coproduzione Festival Venere in Teatro/Live Arts Cultures APS
con il sostegno di Centro Culturale Mastronauta, Dragolago, Museo del Paesaggio, Comune di Città di Verbania, Bodyscape azione a sostegno della ricerca coreografica nell’ambito del progetto Dancescapes dell’Ass. Cult. Danza Urbana con il contributo del MIC e della FdM di Bologna e Ravenna, Festival Venere in Teatro/Live Arts Cultures.
con la collaborazione di Associazione culturale Las Voces Humanas, H(abita)T – Rete degli spazi della danza, Alma Danza.
con il sostegno alla circuitazione di Tir Danza
si ringrazia Francesco Blardoni, Simona Ferrari, Paola Giroldini, Metaxi Markaki, Irene Pipicelli, Andrea Ruschetti, Federica Torgano, Natale Zoppis.
Sull’irrequietezza del divenire è un’ attraversamento di spazi, un’indagine orizzontale, aperta alla vulnerabilità e all’ascolto dell’ambiente e delle architetture che lo circondano. Una danza come esercizio di presenza, un allenamento alla relazione, all’osservazione, dissezione e ricomposizione del corpo nello spazio.
Attraverso un linguaggio nato dall’ibridazione di visivo, corporeo, sonoro e tecnologico, il lavoro apre con delicatezza uno spazio estetico e poetico per immaginare e sperimentare forme di prossimità con il luogo che lo ospita.
La performance diventa uno strumento multidimensionale di comunicazione, relazione, contemplazione delle componenti non-umane dei nostri ambienti. Uno spazio di possibile presa di rischio, dove l’umano migra la pianificazione razionale del luogo verso nuove forme delicate di autorganizzazione e di significato.
L’osservazione sarà la guida del lavoro, dal macroscopico al microscopico e viceversa, il corpo abita e attraversa molteplici livelli e nel farlo s’interroga e riposiziona la sua postura, il suo tempo, il suo ritmo e la sua dinamica. Grazie ad una visione pluriprospettica, che incita alla trasformazione, si generano nuove corrispondenze tra corpo e spazio.
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